Avevo iniziato a scrivere il raccontino della VdS 2012 il giorno prima della partenza, una lunga e forse inutile prefazione sulla nuova location, sulla mancanza di Mirko e Caneparo e sull’arrivo dello SteB e di nuove moto più leggere ma meno da viaggio.
Ora, a fine tour, tutto quello che avevo scritto ha perso di significato. Quindi non lo pubblico neanche. Il tutto si è sgretolato quando sono arrivato a casa e ho visto una foto…

Questa foto rappresenta al 100% tutto ciò che cerco nel motociclismo ed in particolare nel fuoristrada, riassume tutto ciò che vorrei provare quando accendo la mia moto. Libertà. Solitudine. Serenità. Silenzio…
E’ vero. La parola silenzio è in contrasto con un oggetto, la moto, che per muoversi brucia benzina ed emette puzza e rumore, ma ci sono modi e modi di fare rumore. Questo concetto è in stretto contatto con la parola solitudine perchè per essere silenziosi e passare inosservati bisogna essere pochi. Ma buoni. E se la compagnia è buona c’è serenità, voglia di andare in giro aspettandosi e aiutandosi a vicenda anche al termine di una giornata faticosa che si conclude a 2.805m. Sulla punta di una montagna. A quel punto, davanti ad un panorama mozzafiato, intuisci qual’è il vero significato della parola libertà…
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Ritorniamo indietro di una ventina di ore quando, alle 6.00 suona la sveglia ed inizio a deambulare alla ricerca dei vari pezzi della vestizione che ho seminato per casa. Dopo circa mezz’ora sono in sella immerso nella luce di un’alba insolitamente colorata, considerando che siamo nella afosa e umida pianura.
Dirigo verso l’uscita di Chivasso Ovest con il piccolo monocilindrico che sembra esplodere quando tento di tenere medie di 100km orari anche se sta girando a poco meno di 6.000 giri al minuto. Dopo pochissimo arriva anche lo SteB.


La statale verso le Valli di Lanzo scorre a ritmo rilassato con medie sui 75kmh perchè il mio compagno di avventura è rapportato molto corto, quasi da trial. Colazione in pasticceria poi il meteo inizia a peggiorare, infatti mentre percorriamo il fondovalle inizia a piovere in modo leggero. Arrivati alla partenza della nostra prima salita notiamo un fantastico arcobaleno che attraversa la valle ma non faccio in tempo ad estrarre la macchina fotografica che sparisce; sopre le nostre teste, 750m più in su, c’è il Monastero di Santa Cristina che di li a poco osserveremo dall’alto. Il fondo stradale è asfaltato ed il colore lascia intuire che lo è da poco. Peccato…



Inizia a piovere in modo più deciso, dobbiamo fermarci per mettere l’antipioggia e dopo poco svalichiamo insieme ad un ciclista ultrasettantenne ci da indicazioni per un sentiero sterrato troppo stretto per noi. Torniamo su asfalto e dopo il quale inizia lo sterrato, smette di piovere e il paesaggio cambia velocemente.

Scatto questa foto dedicandola a chi dice che MTBikers e motociclisti si odiano ed infatti noi attacchiamo bottone con questi due simpatici ragazzi di Santena che stanno salendo in bicicletta; scrivo ciò perchè un paio di settimane prima ho letto una discussione via mail a riguardo. Se c’è rispetto da entrambe le parti e un minimo di maturità le due categorie possono convivere tranquillamente e amichevolmente e questa foto lo dimostra…

Continuiamo a salire ed al cambio di versante ci ritroviamo davanti il Monastero di Santa Cristina che ora è sotto di noi. Gli amici ciclisti ci hanno raggiunto questo perchè la nostra maggior velocità è annullata dalle mie numerose soste fotografiche.

Il Lago Monastero è ormai vicino, incastonato tra le montagne, in un silenzio irreale interrotto solo dal suono dei campanacci di mucche e capre. E’ uno spettacolo notevole…

Dopo una lunga sosta per goderci la pace del lago, decidiamo di arrivare fino alla minuscola cappella sotto al Colle di Perascritta che misura 2.158m. La cappella però è poco più in basso ma ha una posizione molto panoramica a picco sulla valle. Bellissima…







La discesa è altrettanto bella. Proviamo nuove tratte ma la prima si conclude in un alpeggio e dopo aver incrociato nuovamente i biciclettisti tentiamo un sentiero che però si rivela quasi subito troppo ostico. Torniamo sulle nostre tracce e prendiamo in direzione Ceres e poi verso il Colle dello Smegma che è sulla vallata opposta rispetto al percorso fatto prima. Ricominciamo su uno sterrato stretto, all’ombra del bosco, veramente bello e godibile. Sale in modo abbastanza marcato infatti quando usciamo dal bosco il Monastero è nuovamente sotto di noi. Ad un certo punto però compare un cartello di divieto che proprio divieto non è in quanto recita che possiamo transitare a nostro rischio e pericolo…



Vabbò rischiamo e pericoliamo, questo tratto di salita è più tosto, con il fondo di pietre piantate e gradini e inizio ad avere l’impressione che su questi terreni il DRZ vada peggio del Tenerè. Teoricamente è impossibile infatti SteB mi conferma che il suo copia tutto come su un cuscino di piume mentre il mio scarta a destra e a manca: sarà meglio che al più presto* gli dedichi un paio di sere tra cambio olio e molle più sostenute per il mio dolce peso. E magari anche una revisione dal mono da qualche specialista del settore [* ossia 6 mesi dopo ma ora il DRZ è veramente uno spettacolo]; a tratti siamo immersi nella nebbia quindi panoramicamente non posso descriverlo molto bene. Alla fine giungiamo al colle tra le mucche che pascolano…

La discesa sul versante opposto è nella nebbia fitta. Il fondo è sempre sassoso fino a quanto abbandoniamo la strada semi.vietata in corrispondenza di una malga dove stanno cucinando costine. Il profumo mi da giramenti di testa ma continuiamo a scendere finchè ad un tornante lo SteB mi blocca e annuncia che è giunto un momento di cacca, anzi il momento della cacca: devo andare. Non riesco più neanche a restare seduto in sella…
Dopo aver concimato 15kmq di bosco siamo pronti a ripartire quando subiamo l’assalto di una bestia feroce che mette in pericolo le nostre vite…



Seguiranno una dozzina di minuti di liti ed insulti con questa coppia di trekkers perchè anche loro odiano le moto al pari dei ciclisti di questa mattina ed infatti ci minacciano di denuncia. Ah no… devo aver fatto confusione. Ce la raccontiamo allegramente del più e del meno finchè ci salutiamo dirigendo verso valle alla ricerca di cibo, trovando una festa in quota prima e un bar in piazza poi. In quest’ultimo prendiamo piadine e CocaCola mentre discutiamo con il proprietario delle strade sterrate dei dintorni e scoprendo che il nostro prossimo obiettivo, il colle della Dieta, è stato asfaltato da un paio di anni… che tristezza!!!
Siamo in perfetto orario e dopo esserci rifocillati ripartiamo percorriamo il passo ormai asfaltato. Peccato perchè doveva essere un bel tratto di fuoristrada, in quota con ottimi scorci paesaggistici…


Al benzinaio di Viù notiamo che i nostri due DRZ consumano allo stesso modo nonostante quello dello SteB sia stato portato da 400cc a 440 con il kit Athena e abbia un carburatore più grande del mio [mi pare da 39 o 41]. Seguiamo la statale di fondovalle per raggiungere la partenza del Colombardo, la strada che ci condurrà dalla Valle di Viù alla Val Susa. Dopo un breve strappo asfaltato inizia lo sterrato, molto bello e scorrevole. A metà salita ci scambiamo i DRZ fino alla cima. SteB si chiede come faccia a guidare con quelle sospensioni [le sue effettivamente copiano tutto] io mi chiedo come faccia a guidare con quel manubrio [lui conferma che la mia posizione di guida è migliore]. Il fatto che la sua abbia le sospensioni perfette mi tranquillizza perchè con qualche biglietto da 100€ riuscirò a mettere a rendere più scorrevole anche le mie. Con il kit 440cc invece si ha un motore molto più pieno ai bassi ma anche leggermente più brusco. Siccome sono un turista non ne sento l’esigenza. Per il resto le moto sono praticamente identiche…





La discesa in Val Susa è caratterizzata dalla vista sulla Sacra di S. Michele che si avvicina tornante dopo tornante. Come previsto abbiamo percorso i 20km di sterrata in perfetto orario nonostante il passo rilassato e le numerose soste fotografiche; siamo a Condove, paese che inizialmente avevo ipotizzato come partenza del nostro tour. Poi un amico, di cui non posso fare il nome [MüZ], parlando del più e del meno ci aveva consigliato questo tratto di avvicinamento descrivendolo come …100km bellissimi…. Effettivamente lo sono. Grazie per la dritta Uomo!!!
Ora ad attenderci ci sono 27km di fondovalle fino a Susa dove ci fermiamo nella via centrale per l’ultima cena prima della salita allo Jafferau. Lo struscio di Susa è affollato, c’è la classifa figa di legno che se la tira e non calcola nessuno, c’è la barista sorridente che fa sangue e poi c’è la burrosa di nero vestita che verrà contesa tra noi due puzzolenti fuoristradisti per una notte di sesso extremo sullo Jafferau… infatti entrambi siamo devoti al motto che nella ciccia si pasticcia!!!

Nel frattempo però il meteo è peggiorato e pioviggina a tratti. Sono le 20.00 e siamo in sella dalle 6.30 di questa mattina, ci attende l’ultimo tratto della giornata. La notturna che ci porterà dai 503m di Susa ai 2.805 del tetto del Forte dello Jafferau. Appena fuori dal centro abitato guardo verso l’alto. Solo nuvole. Anche piuttosto basse…
Lo ammetto: stavo per mollare il colpo. L’idea di una notte nella nebbia a 2.800m non mi rendeva particolarmente entusiasta.
Poi due parole hanno iniziato a ronzarmi per la testa: inversione termica – inversione termica. Mi hanno dato l’impulso, formiche nella pancia. Ok andiamo…
Inizia la sterrata e con essa le nubi. Al tornante del Duce ci siamo dentro. È come essere nella nebbia di Vercelli a Gennaio: inversione termica – inversione termica. Proseguiamo mentre terra e pietre scorrono sotto i pneumatici malconci delle nostre moto…
Un centinaio di metri prima della deviazione per il Pramand le nubi lasciano filtrare luce. Sempre di più. Significa che stiamo arrivando sopra di loro. Forse è veramente così: inversione termica. Allo spiazzo giriamo verso il Forte. La sterrata sale tra i pini. Primo tornante. Secondo. Terzo. Saliamo sul tetto…







Uno spettacolo da togliere il fiato. Dal monte dietro il Pramand escono strisce di nuvole come lembi di lenzuola strappati dal vento. Sotto di noi alcune zone della valle sono riempite a forza di morbida panna montata. In lontananza, su Torino, un fungo atomico, un’esplosione di vapore di colore tra l’arancione e rosa. Verso ovest invece il cielo fa paura. Nuvoloni neri fanno da soffitto allo Chaberton. L’inferno sceso in terra. Chiedo a SteB di mettersi in posa e faccio l’interpretazione in chiave moderna de Viandante sul mare di nebbia che è uno dei dipinti preferiti di BayPiss…
Poi mi giro e vedo che lo Jafferau è nelle nubi: inversione termica – inversione termica. Una sensazione di fretta mi assale. Dobbiamo andare di corsa per vedere come sono le condizioni lassù per capire se dormire la oppure tornare qua, al Pramand.
Poi. Un brivido mi attraversa: siamo nel posto giusto al momento giusto. Lasciamoci trasportare dal magico fluire degli eventi…

Entriamo nelle viscere della montagna. Il buio e la pioggia della maledizione dei Saraceni. All’uscita un capriolo ci osserva. Si sposta poi si ferma ancora per studiarci. Poi se ne va con il suo saltellare elegante. Continuiamo a salire. A Col Basset abbandoniamo il versante della Val Susa per quello della Val Fredda. Un puntino di luce la sta attraversando. Verso l’alto invece si vedono gli scheletri delle mura della batteria dello Jafferau. È una visione inquietante. Che torce le budella. Percorriamo i tornanti dal fondo disastrosamente lastricato. Siamo sul tetto. È pura magia…

Le nubi si sono alzate e ora corrono veloci davanti alla luna. Sulla nostra destra, millecinquecento metri più in basso le luci di Bardonecchia. Sulla nostra sinistra la Val Fredda e la lucina, che prima si muoveva ora è fissa laggiù in fondo. Ancora oltre, Oulx. Di fronte a noi la testa mozzata dallo Chaberton coperta da un cappello di nubi. E poi…

…come se l’universo non fosse ancora soddisfatto della quantità di meraviglia che ci ha regalato finora, ad un certo punto sentiamo un botto potentissimo. E poi un altro e un altro ancora. Fuochi d’artificio a Bardonecchia mentre noi siamo seduti sulla seconda piazza da tiro da dove i cannoni 149/35, il 16 ed il 17 giugno 1940, esplodevano i colpi verso la Francia. Colpi che echeggiavano e rimbombavano nella valle. Esattamente come ora. Forse ancora più forte. Pelle d’oca alta una spanna…
I tre colpi finali annunciano la fine delle ostilità. Il forte dello Jafferau, che per qualche minuto è tornato a rivivere, ora è nuovamente avvolto dalla sua silenziosa solitudine. Ma per questa notte avrà due ospiti, venuti fin qua per rendere onore alla sua magnificenza…
Verso le 23.00 iniziamo a montare le tende. In 10′ la mia umile tenda T2 è montata mentre la alpinistica T2 UltraPro dello SteB non troverà mai una forma ne pace. Il panorama è talmente bello da far venir voglia di rimanere svegli tutta la notte, ma si è alzato un vento freddo ed ormai è quasi mezzanotte. Andiamo a dormire.

Siamo equipaggiati con sacchi a pelo Decathlon S0 UltraLight ma lo SteB ritiene che il materassino non serva, non l’ha neanche portato e quindi dorme direttamente a terra. Siccome l’anno scorso sono morto di freddo sul tetto del Pramand preferisco utilizzare il materassino autogonfiante, sempre Decathlon, da interporre tra il mio corpo e il terreno. E siccome ho estrema fiducia nel mio sacco a pelo mi piazzo dentro in mutande mentre fuori ci sono 3 o 4°…
Lo SteB si addormenta subito e il suo russare, leggero e ritmato, ne è la conferma; dopo poco cado anche io tra le braccia di Morfeo. E’ stata un’ottima idea quella di piantare le tende dietro il muro protettivo delle piazzole di tiro dei cannoni perchè quando mi sveglio la prima volta, alle 3.26, la tenda è scossa da un vento notevole; mi accorgo che lo SteB non russa più. Sarà stato mangiato da un lupo? Sarà in stato di ipotermia? Sarà tornato a casa?
– Ou. Sei vivo?
– Si…
– Tutto ok?
– No! Ho freddo…
– Hai freddo?
– Si. Ho freddo. Ma tu stai ancora dormendo in mutande?
– Si. E’ il materassino che fa la differenza…
Effettivamente il materassino fa veramente la differenza perchè isola del terreno freddo. Mi giro e mi riaddormento avvolto dal calduccio del mio bozzolo sintetico. Lo SteB in totale dormirà una sola ora.
Alle 5.05 il mio cellulare ci sveglia sulle note di Struggle of Pleasure dei Wim Mertens e mai melodia fu più azzeccata come colonna sonora di un’alba sullo Jafferau. Sul forte ci siamo solo noi. E’ tutto nostro. Sinceramente vorrei che fosse sempre così. Ma è impossibile. L’aurora li per li sembra un po’ moscia come colori ma non appena il sole fa capolino da dietro le montagne tutto si colora di rosa…





Lo SteB è una proiettile a disfare la tenda, vestirsi e caricare la moto. Io invece mi perdo nelle foto e nel ripiegare 2 volte la tenda. Ma alle 6.28 siamo in sella con i motori accesi. Per la discesa verso Bardonecchia scegliamo la via più veloce che non sempre è la più legale…

In meno di mezzora percorriamo i 1.500m di dislivello che ci separano da Bardonecchia, ora ce ne attendono 1.700 per raggiungere il Sommelier. Con il Sommelier ho un rapporto conflittuale perchè sono al 3° tentativo per raggiungere la vetta ma non ci sono mai riuscito, sempre per la stesso motivo: sia nel 2010 che all’inizio di luglio di quest’anno delle slavine mi hanno bloccato allo stesso punto a 2.850m.
La valle di Rochmoles è ancora nell’ombra quando, alle 7.30, arriviamo all’inizio della sterrata e ci lasciamo alle spalle il Rifugio Scarfiotti. Poi la lunga serie di tornanti che ci conduce al Pian dei Morti dove ci godiamo la 2° alba della giornata mentre un brando di caprioli corre sui versanti della valle.
E poi ancora tornanti. Arriviamo al punto in cui mi sono sempre bloccato: la slavina di 15 giorni fa si è sciolta. Continuiamo la salita, ancora tornanti poi ad un centinaio di metri dall’arrivo un’altra slavina blocca la strada per cui ci concediamo una deviazione fuoripista ed eccoci arrivati. Il GPS segna 2.998m. Eh no… !!! Saliamo gli ultimi metri sulla neve. Finalmente… 3.001m. Cima conquistata. Record battuto.









Sono da poco passate le 8 del mattino e possiamo goderci in totale solitudine il Sommelier ed il suo lago; su tutto regna un silenzio surreale, siamo solo noi e sarà così fino alle 9.00 quando ripartiamo per andare a fare colazione da Johnny. La discesa me la godo veramente, a ritmo molto blando, scendo con il motore in 3° a regimi poco superiori al minimo, quasi in silenzio per rovinare il meno possibile l’incantesimo di questa valle.
A pochi tornanti del rifugio vediamo salire le prime 4×4. Sono felice di essere salito così presto e di potermi essere goduto la magica solitudine del Colle. Ora non ci resta che andare a fare colazione a base di speck&toma in compagnia di quel pazzo di Johnny… diobò che personaggio. E’ veramente simpatico…




Rimaniamo in sua compagnia per un’ora o forse più, abbiamo bisogno di riposarci un po’ perchè la notte è stata fantastica ma abbiamo dormito pochetto: una sola ora SteB e quattro e mezzo io. Guardiamo la cartina e decidiamo di tagliare leggermente il programma puntando direttamente all’Assietta. Quindi trasferimento stradale verso Oulx e poi Salice dove abbiamo qualche difficoltà a trovare l’imbocco perchè ogni persona a cui chiediamo informazioni ci indica una strada differente.
Una volta imboccata la sterrata ci accorgiamo che c’è un gran traffico di famiglie in bicicletta che scendono per gravità sfruttando gli impianti di risalita. Ma dopo la chiesetta di Notre Dame de Brousailles il traffico biciclistico si annulla e noi possiamo rivedere in diretta il nostro giro in notturna. Dove sta puntando il dito SteB è il Forte Pramand. Poi la Galleria dei Saraceni. Il Col Basset. Lo Jafferau…


LoSoLoSo!!! Queste foto le avete già viste nel racconto dello scorso anno. Ma quando mi fermo alla Chiesetta non riesco a fare a meno di ripetermi. E’ un punto veramente panoramico…
Per lo SteB è la prima volta sull’Assietta. Per me invece è la prima volta che la percorro in direzione Salice – Susa. Effettivamente sembra un’altra strada e mi saltano all’occhio particolari che non avevo mai notato. Il traffico motorizzato sull’Assietta è molto più civile rispetto alle altre strade sterrate Valsusine, ci sono tantissime Panda 4×4, giganteschi Defender kittati di deserto e una valanga di endurone [BMW GS in primis] che vanno a ritmi rilassati per non ricoprire di polvere i numerosi MTBikers.





Nel primo pomeriggio la stanchezza inizia a farsi sentire, infatti scatto poche foto se non le solite di rito. Arrivati al Colle delle Finestre andiamo a visitare la caserma abbandonata e all’ombra di un masso mi addormento per qualche minuto. Sono le 15.30, siamo a 2.200m e ci sono 20°. Si sta divinamente. Ma è giunta l’ora di andare. Due ore dopo sarò a casa, in pianura, con 35° e un’umidità soffocante.
Ma con la mente continuerò ad essere là, a 2.805m, sul tetto dello Jafferau…
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