Quando ero bambino capitava spesso che nevicasse in montagna a novembre inoltrato ma negli ultimi anni l’arrivo della neve si è fatto sempre più tardivo, al punto che nel dicembre del 2016 sono andato in bici al Nivolet tra Natale e Capodanno. Che a pensarci bene è una roba pazzesca…
Quest’anno invece madre natura è tornata alla normalità ed io ne ho approfittato: era dall’inverno scorso che volevo farmi una gita sulla neve – o meglio tra la neve – con la bici da strada…
Tutta la pioggia delle settimane scorse mi ha fatto venire voglia di montare i parafanghi alla bicicletta, così sono andato in negozio ed ho comprato un kit di SKS Raceblade XL Pro.: il risultato estetico mi aggrada moltissimo perché ricorda le bici da randonneur, quelle che stanno nel limbo tra l’essere una bici da corsa ed una da viaggio. Poi i gusti son gusti..
Decido di inaugurare il tutto con un grande classico del ciclismo valdostano:
Chatillon
Col S. Pantaleon
Antey-S-Andrè
Cervinia
Chatillon
E così posso spuntare due salite che da troppo attendo di aggiungere al mio elenco…
Pronti. Partenza. Via! Arrivato a Chatillon mi telefonano Derek & Mary dall’Australia, saluti e baci, mi dicono che a Brisbane ci sono 36° e mi fa un po’ sorridere guardando il termometro del Peugeot che indica 2°
Scarico la bici e parto…
La strada di fondovalle è trafficata. Fredda. Umida. Ed all’ombra. I sette km che mi separano da Chambave sono difficili, mi si congelano le mani. L’idea è quella di tornare indietro: l’umore è veramente sotto alle suole delle scarpe…
A Chambave inizia la salita ed i primi 2km sono in ombra. Fa ugualmente freddo ma almeno ora vado più piano e sudando mi scaldo un po’. Arriva il sole ed insieme a lui il buon umore…
Salgo tranquillo, facendo poca fatica nell’attesa di trovare la prima neve dell’anno…
Se ricordo bene la salita per il colle è di 13km ma assolutamente deserta. Ho incrociato 3 macchine in discesa e 2 in salita. Verso i 1.000m di altitudine ho iniziato ad incontrare la prima neve. Il paesaggio si fa bianco e lucente ed il freddo sparisce completamente…
Il tratto finale del S. Pantaleon è stato il più bello della giornata, il fondo è innevato ma non ghiacciato e gli pneumatici della bici da corsa – Continental UltraSport II da 28mm ossia slick – affondano facendo un grip inaspettato. Il problema sono le tacchette delle scarpe che riempiendosi di neve non agganciano più sui pedali, ma con un paio di sonore pedate a terra si risolve il tutto.
Nel frattempo continuo a pedalare in un bosco imbiancato e gli unici suoni che sento sono i cristalli di sale che si frantumano sotto alle gomme ed il frastuono delle neve che, sciogliendosi, cade dai rami degli alberi
Arrivo in cima al Col S. Pantaleon 1.664m
In cima incontro 3 signori di Chivasso intenti a farsi foto con il Cervino di sfondo:”…dobbiamo inviarle ai nostri nipoti…” Effettivamente il colpo d’occhio sulla Gran Becca è bellissimo. Il primo colle della giornata è fatto. Adesso vediamo come andrà la discesa che essendo esposta a nord è più fredda e potenzialmente ghiacciata.
CONTINUA…
Quindi eravamo rimasti che mi trovo sul Col S. Pantaleon, che è circa mezzogiorno e che sono felice. Sì, lassù sono felice perché godersi un simile panorama, a 1.650m di quota, con la bici da strada, a dicembre… non è cosa di tutti i giorni!
Ma bisogna anche raccontare “il vero” nei reportage fotografici quindi è necessario precisare che durante questo giro non sono state tutte rose e fiori. Dei sentimenti di inizio giro nel fondovalle ho già raccontato. Ora sono davanti ad un colpo d’occhio incantevole ma dentro di me ci sono due incognite:
– la prima è legata a come andranno gli pneumatici da strada in discesa, sulla neve
– la seconda invece è relativa alle tempistiche, perché in inverno le giornate sono brevi e quando il sole tramonta le temperature vanno a picco
Con questi dubbi inizio la discesa, andando piano i Continental UltraSport II tengono bene sulla neve compatta ed arrivo ad Antey-S-Andrè con le mani fredde ma di buon umore e così decido di rischiare salendo a Cervinia. Pedalare tenendo d’occhio l’orologio non mi piace affatto, per cui inizio la seconda salita in uno stato di irrequietezza…
La strada è piuttosto amena paesaggisticamente – l’esatto contrario della salita precedente – ma importante a livello di pendenze, la patisco un po’ e così mi fermo in un bar a mangiare qualcosa con addosso un po’ di fretta: quando la barista mi annuncia che mancano ancora 16km a Cervinia mi assale l’idea di girare la bici verso valle. Mi trattengo ma non sono sereno, anzi…
Di questa salita ho una sola foto, in uno dei pochi tratti caratteristici, ne ho un po’ le palle piene di pedalare e poi sono già le 14.30, il tempo stringe…
In una galleria incrocio un tizio a piedi che con accento pesantemente russo mi dice:”…puorca vaca se sei fuorte!”
Non so cosa rispondere e così alzo le due dita a V
Lui ride ma io no, continuo a pedalare a testa bassa finché a meno di un chilometro dall’arrivo spunta il Cervino in tutta la sua imponenza: è fatta! La stanchezza scompare…
A Cervinia è un tripudio di auto con la guida a destra e targa GB, sciatori che rientrano all’albergo e donne impellicciate. Apro la borsa e tiro fuori tutti i vestiti che ho, un paio di ragazzi si fermano per chiedermi com’è andata, scambio quattro chiacchiere ma sono preoccupato per la discesa. Il sole sta per tramontare e mi attendono quasi 30km fino a Châtillon: vediamo se i 5 strati di abbigliamento basteranno…
Dopo pochi minuti il verdetto: corpo caldo, gambe tiepide, testa accettabile, mani e piedi gelati. Dopo mezz’ora, a metà discesa ho perso la sensibilità alle dita dei piedi e le mani restano chiuse sui freni. Arrivato alla macchina, dopo quasi un’ora, le mani non si muovono quasi al punto che non riesco ad aprire la cerniera della giacca per prendere le chiavi. Dopo numerosi tentativi falliti riesco a sedermi sul sedile con le mani sotto al sedere ed un dolore lancinante arriva dai polpastrelli.
Il termometro indica 2° quindi sulla strada la temperatura sarà stata inferiore allo zero. Accendo il motore sperando che l’aria condizionata mi aiuti a smettere di tremare come una foglia. Questa volta l’ho fatta grossa veramente!
Dopo un quarto d’ora circa, recupero il controllo del corpo e mi dirigo verso l’autogrill di Saint Vincent dove chiedo una cioccolata calda con panna: avvolgo le mani attorno alla tazza bollente assorto in mille pensieri. Ho cannato sull’abbigliamento, in particolare per le estremità: i soli guanti di pile non sono stati sufficienti, ci volevano quelli da sci…
Morale della favola?
– ad oggi, quattro giorni dopo, ho ancora i polpastrelli di anulare e medio della mano destra intorpiditi…
– con un paio di guanti da sci ed i copriscarpe sarebbe stato tutto infinitamente più godibile
– sistemato l’abbigliamento ho già in programma un altro paio di salite da fare da qui a Natale…
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